domenica 13 marzo 2011

Evento imperdibile a Fi.

Dopo "De Chirico, Max Ernst, Magritte, Balthus. Uno sguardo all'invisibile", ha aperto ieri un'altra iniziativa culturale importante, tesa a far conoscere gli artisti che, durante i primi anni, del novecento hanno segnato una rottura con la tradizione pittorica classica.
La mostra "Picasso, Mirò, Dalì. Giovani e arrabbiati: la nascita della modernità" espone, presso Palazzo Strozzi, una settantina di opere degli stessi artisti più alcuni schizzi giovanili di Picasso, proventi dai più importanti musei spagnoli e da collezioni private.
L'esposizione prende in esame il periodo pre-cubista di Picasso anteriore al 1907, anno della svolta cubista con Les Demoiselles D'Avignon (foto a lato), riassumendo l'artista del periodo blu, rosa e africano fino ai primissimi schizzi del cubismo analitico.
Le opere di Dalì del periodo 1920-1925 sono presentate all'osservatore in relazione a quelle di Mirò degli anni 1915-1920 per esaltare similitudini e peculiarità dei due artisti prima dell'adesione alle tematiche del Surrealismo.
La mostra sarà aperta dal 12 marzo al 17 luglio 2011 a Palazzo Strozzi, Firenze; con orario tutti i giorni 9.00-20.00, giovedì 9.00-23.00. 



Ho sempre amato la pittura ed ogni forma di manifestazione artistica, ritenendola una forma di catarsi sia per l'autore che per l'osservatore. E' evidente che l'artista ha un ruolo privilegiato, decide il soggetto, come organizzarlo nella tela, a quali particolari dare maggiore rilevanza e soprattutto il colore, che ha un potere immenso nello scatenare una determinata sensazione (basti pensare alla classificazione più comune dei colori in caldi e freddi). Ma sarebbe sbagliato ritenere l'osservatore come un soggetto passivo. L'osservatore è un soggetto, non un oggetto e come tale porta con se un bagaglio di esperienze ed emozioni esclusive, che non coincidono con quelle dell'autore. L'osservare (e non il vedere o il guardare) stabilisce una relazione dinamica tra il significato e il significante, un flusso continuo che carica l'opera di contenuti nuovi. 
Questo, vero per ogni forma artistica e stilistica, è particolarmente calzante per un movimento poetico come il Surrealismo (uno tra i miei preferiti!). Il Surrealismo è l'arte dell'inconscio, dell'attività psichica. Si tratta di un automatismo psichico, un processo automatico, che si realizza senza il controllo della ragione e fa si che l'incoscio, quella parte che si fa viva nel sogno, emerga e si esprima diventando operante anche mentre si è svegli. Come è possibile allora che l'incoscio dell'artista, soggetto del dipinto, diventi significante anche per l'esperienza personale di chi osserva? Si tratta di opere estremamente personali che attraverso le teorie di Freud (di cui il Surrealismo si impregna) diventano universali. L'inconscio lavorando attraverso i sogni esplica gli archetipi: forma universale del pensiero con contenuto affettivo. Lo stesso Carl Gustav Jung  teorizza che l'inconscio alla nascita contenga delle impostazioni psichiche innate, appartenenti a tutti chiamato "inconscio collettivo". Attraverso gli archetipi (tipos:"modello", archè:"originario") le opere della poetica Surrealista sono di tutti, ed è forse questo il segreto più profondo che nascondono rendendole incridibilmente seducenti. 
Non vedo l'ora di partecipare alla mostra!!

1 commento:

  1. Wow che bello non l'avevo mica letto di questa mostra! Vado sempre a quelle di Palazzo Strozzi, sono curate molto bene e interessanti! Grazie della notizia, avevo visto che ce n'era una sulla pittura russa a Palazzo Pitti e volevo andarci, mi pare si chiami "dalle icone a Malevich", deve essere bella!

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